05.01.2014 Omelia del Vescovo mons. Giovanni Tani

 

omelia vescovo Stiamo ormai concludendo le feste del Natale, vedo qui in chiesa i segni di una bella festa che avete vissuto. Questo presepio con queste preghiere, l’altare, Gesù Bambino. Tutto questo mi dà idea che avete vissuto un bel Natale e che vi siete ritrovati attorno all’altare per lodare il Signore.

 

Avete sentito che anche oggi ci è stato ripresentato il Vangelo che era stato detto il giorno di Natale.. in principio era il Verbo… veramente questo Vangelo poi era stato detto ancora l’ultimo giorno dell’anno quindi, in pochi giorni, è riproposto tre volte perché è un Vangelo così importante che ci dà il significato di quello che abbiamo vissuto.

 

Si sente dire, qualche volta, che finite le feste si riprende la propria vita quotidiana, si riprende il ritmo di sempre e si va avanti. A me sembra un pò poco dire così.  Finite le feste, io direi, bisogna far vedere che abbiamo proprio fatto festa. Finite le feste dobbiamo chiederci: adesso che abbiamo contemplato, lodato, adorato il Signore che è venuto in mezzo a noi… e noi? Per lo meno dovremmo trovarci con un amore più grande verso il Signore perché questo è uno degli obiettivi della nostra vita. Il tempo passa, gli anni passano, chi ha fede non dovrebbe trovarsi sempre uguale, ma dovrebbe trovarsi in un amore sempre più forte verso il Signore, sempre più convinto, sempre più gioioso, sempre più forte nella testimonianza. Abbiamo sentito dalla prima lettura che canta la Sapienza. La Sapienza evidentemente è personificata in Gesù. Però la Sapienza è questa saggezza che viene da Dio, che è addirittura la seconda persona della SS. Trinità, questa saggezza che ha avuto dal Padre l’ordine di piantare la tenda in mezzo al suo popolo; ci ritornano le parole del Vangelo che abbiamo appena ascoltato:  il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.

 

Allora il cristiano è chiamato a vivere con questa saggezza, con questa sapienza, con questo modo di vedere la vita, con questa luce nuova che si chiama luce della fede, che non è uguale a quella degli altri, mi dispiace, non è uguale. Non è uguale perché il dono di Dio è così forte da darci una capacità nuova di considerare le cose, la vita, il lavoro, l’amore, la famiglia, i rapporti, i problemi, la vita, la morte… viene guardato tutto in maniera diversa, c’è una saggezza diversa, c’è un modo diverso ed è il modo che Gesù è venuto a portarci, il modo che Gesù è venuto a comunicarci. Allora celebrare il Natale, celebrare la Pasqua vuol dire entrare sempre di più in questa sapienza, in questa saggezza e andare avanti. La vita della Parrocchia riprenderà il suo ritmo normale: la domenica, la settimana, il catechismo, gli incontri…. per potere entrare sempre di più in questo modo nuovo di vivere e di considerare la nostra vita.

 

Noi non abbiamo fatto semplicemente un ricordo, avvenuto 2013 anni fa, come si ricordano i fatti storici del passato, noi non abbiamo fatto questo. Se fosse stato questo, sarebbe andato bene un bel documentario alla televisione che avrebbe spiegato per bene le cose, come sono accadute e avremmo imparato anche qualcosa in più. Noi abbiamo celebrato, cioè è avvenuto proprio in mezzo a noi, il fatto di Gesù che si è incarnato. Cosa vuol dire? Che la grazia che Gesù ci vuole portare, che ha portato allora e che porta sempre, ci è stata data e noi viviamo della sua vita, della grazia.

 

Nella  seconda lettura, dice san Paolo, che voi possiate conoscere a quale sapienza, a quale saggezza il Signore vi ha chiamati, che voi possiate essere forti, orgogliosi, gioiosi di essere cristiani. Siamo gioiosi di essere cristiani? Non dobbiamo essere pieni di pretese nei confronti degli altri, ma dobbiamo essere gioiosi, essere umilmente gioiosi. Che bello! Abbiamo ricevuto un grande dono noi, è Dio che è venuto. Tu non ci credi, tu pensi che la vita sia un’altra cosa, sia da vivere in un’altra maniera, però io ho avuto questo dono della fede e sono contento e, se posso, te lo testimonio.  È proprio un gran fortuna essere cristiani, è la fortuna della vita. Uno può vincere tante cose nella vita, ma se non ha la fede che gli fa da luce: da dove viene, fino a dove è chiamato ad arrivare….. a che cosa serve?! Il problema è proprio questo: saper dare risposte alla nostra vita. Io sono qui, il Signore mi ha chiamato qui, mi ha dato un compito, una missione, la voglio svolgere per portare il mio contributo nel mondo e vado a avanti… e gli anni che passano mi portano sempre più vicino al Signore. E la fine non sarà una fine, ma sarà una Pasqua, un passaggio, un andare verso una contemplazione più piena del dono che noi riceviamo.

 

Ecco allora questa domenica è dominata da una domanda: vi siete resi conto di che cosa è successo a Natale? Avete capito che cosa avete celebrato? Siete contenti? C’è qualcuno che dice: non vedo l’ora che finiscano le feste e si ritorni alla vita normale. Anche questo può essere un pensiero legittimo, ma come dicevo prima, non dovremmo trovarci uguali a prima di Natale, ma dovremmo trovarci più pieni e più desiderosi di amare il Signore, di farlo amare, di testimoniarlo più convinti. Ecco noi chiediamo al Signore di farci questa grazia: che nel tempo che passa, nelle feste grandi che viviamo, nelle domeniche che celebriamo, noi non siamo sempre uguali ma cresciamo e diventiamo sempre più suoi amici, lo amiamo sempre di più e lo facciamo amare anche agli altri. La festa di domani è Epifania e significa la manifestazione del Signore.. a chi? Non a noi che siamo dentro, perché questo è accaduto a Natale, ma a quelli che sono fuori, ai molto lontani. I Magi vengono da lontanissimo guidati da una stella. Ci sono molte persone lontane dal Signore, che il Signore possa raggiungere anche loro, però stelle dobbiamo esserlo  anche noi, per guidarle verso Signore.