Avvento 2013
Prima domenica d'Avvento
Prima icona: Svegliamoci
Con la prima domenica d’Avvento, come i Magi che seguono la stella, iniziamo un nuovo cammino di fede. Il tempo di Avvento ha due caratteristiche: preparazione immediata alla solennità del Natale in cui facciamo memoria che, per amore dell’uomo, Dio si innesta nel ceppo dell’umanità; tempo di attesa e di vigilanza per saper cogliere la presenza di Dio nel quotidiano in previsione della venuta di Cristo alla fine del tempo.
È ormai tempo di svegliarvi dal sonno (Rm13,11). Sentiamo rivolte a noi le parole dell’apostolo Paolo, che invitavano la Chiesa di Roma ad uscire dal torpore…
Ma da quale sonno siamo chiamati a svegliarci? C’è infatti un sonno che oscura la nostra coscienza, il nostro agire, il nostro testimoniare la fede. Dunque alziamo la testa dal cuscino delle nostre preoccupazioni quotidiane che ci inaridiscono e immobilizzandoci restringono i confini del presente eludendoci dal prendere decisioni forti.
Come la sentinella che concentrata attende l’aurora, restiamo svegli… non cediamo all’assopimento. Perciò anche voi tenetevi pronti, perché nell’ora che non immaginate viene il Figlio dell’uomo... ! (Mt 24,44). Gesù ai suoi discepoli non chiede semplicemente di stare svegli, ma esige quell’atteggiamento interiore che ci fa sentire e riconoscere quando bussa alla porta del nostro cuore… il mio cuore veglia. Un rumore! È il mio diletto che bussa: Aprimi.. (Ct 5,2).
L’Avvento è tempo di discernimento, di speranza e al contempo di gioia, per il dono di sè che il Signore ci fa. Pertanto, vegliare, è accoglierlo nella nostra vita… Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti; ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte. Sarà come albero piantato lungo corsi d'acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai; riusciranno tutte le sue opere. (Sal 1,1).
Seconda domenica d'Avvento
Seconda icona: Beata tu
La liturgia della seconda domenica d’Avvento coincide con la solennità dell’Immacolata Concezione di Maria facendoci entrare nel Mistero con una domanda primordiale e che ancora oggi interpella la nostra umanità: il Signore Dio lo chiamò e gli disse: dove sei? (Gen 3,9) La risposta di Adamo è impressa nella nostra memoria, ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo e mi sono nascosto (Gen 3,13).
Questo è l’inizio del dramma che pone noi stessi nel difficile compito di ritrovare costantemente l’equilibrio e l’armonia tra la nostra realtà di essere creature e la vocazione ad essere immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26).
La caduta dell’uomo nel racconto della Genesi ci fa riflettere e ci aiuta a capire la dinamica del peccato che porta gli uomini a rifiutare Dio e sancire la propria rovina.
Creato ad immagine di Dio, l’uomo è creatura che prende consapevolezza di sé solo nella relazione di amicizia con il Creatore. Il disegno divino prevedeva una perfetta armonia, nessuna sopraffazione, nessuna strumentalizzazione egoistica, ma solo la gioia di sentirsi veri e liberi.
Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti (Gen 2,16-17). L'albero della conoscenza del “bene e del male”, rappresentato dalla mela, evoca simbolicamente il limite invalicabile, oltrepassarlo significa abusare della propria libertà e spegnere nel cuore dell’uomo la fiducia nei confronti di Dio. Il “serpente”, quel male oscuro che si annida nell’intimo dell’uomo dopo il peccato, fa percepire Dio un rivale.
Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno (Gen 3, 15). Questo è il primo annuncio della disfatta del “serpente”. Alla luce di questa “buona novella” guardiamo a Maria, colei che fin dal concepimento ha realizzato quell’armonia perfetta che Dio ha sognato fin dal principio. Come fiore bianco e immacolato e ammantato dalla grazia dello Spirito Santo, Maria si eleva dal genere umano, quale segno nitido del trionfo di Dio sul male; beata tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo (Lc 1,42). Il dono di grazia che ha avvolto Maria sin dal suo primo istante di vita è segno della preparazione radicale alla venuta del Salvatore (Paolo VI, Marialis cultus). Alla domanda: dove sei? Maria, non si nasconde, ma si lascia trovare nella piena libertà e consapevolezza del proprio limite, lasciandosi così riempire dal Signore. Da quel momento tesserà con il filo di lana scarlatta la nuova umanità che recupererà la capacità di non strisciare né davanti al mistero della vita né davanti a Dio.
Terza domenica d’Avvento
Terza icona: Sei tu?
La figura che primeggia in questa terza domenica di Avvento è quella di Giovanni Battista. Personaggio austero: era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico (Mc 1,6). Rispettato dal popolo e dallo stesso Erode, egli è colui del quale sta scritto : ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via (Mt 11, 10). Nella prigionia Giovanni si interroga sull’identità e la missione di Gesù. Nel Giordano lo aveva battezzato riconoscendolo come l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! (Gv 1,29), ma adesso il dubbio lo assale. L’immagine del Messia che aveva acquisito dalle Scritture, soprattutto in Isaia, è totalmente diversa da quello che gli viene riferito su Gesù. Sei tu colui che deve venire? Gesù rispose: Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella e beato colui che non si scandalizza di me (Mt 11, 3-6).
Gesù non condanna i peccatori, non grida né alza il tono, non fa udire in piazza la sua voce, non spezza una canna incrinata, non spegne uno stoppino dalla fiamma smorta (Is 42,2-3). Giovanni Battista corre il rischio di rimanere aggrappato alle proprie convinzioni religiose creandosi un Messia secondo la propria logica.
Di fronte al grido di dolore e di disperazione che si ascolta da ogni angolo della terra, da attese che spesso ingannano o deludono, forte è la domanda che ancora oggi sale al cielo: “sei tu Colui che deve venire?” Nelle situazioni limite della nostra storia, là dove sembra che tutto sia ormai irrimediabilmente perduto, il Vangelo è la “buona notizia annunciata; si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio (Is 35, 1-4). Il Natale ci ricorda che “Dio è con noi”, che è coinvolto con la nostra storia, risanandola e orientandola verso il suo Regno. Il Natale chiede la nostra collaborazione per annunciare, come i discepoli di Giovanni chei ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi recuperano l'udito, i morti risuscitano. Il Natale ci dice rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino (Fil 4, 4-5).
Quarta domenica d’Avvento
Quarta icona: Non temere
La figura che ci accompagna in questo ultimo tratto di Avvento è Giuseppe il falegname, sposo casto di Maria e padre terreno di Gesù. Giuseppe, uomo giusto (Mt 1,19) sotto il suo mantello accoglie e prende con sé l’Emmanuele (Is 7, 14); il suo mantello è difesa contro l’attacco omicida di Erode, è protezione contro l’indifferenza della gente, è calore contro il freddo rifiuto.
La paternità di Giuseppe non è semplicemente e solamente per assolvere una certa forma di legalità; Dio sceglie l’umile coppia di Nazareth affinché il suo Unigenito fosse totalmente inserito nella nostra umanità. A Giuseppe viene chiesto un “ruolo” importantissimo che lo fa cadere in una profonda crisi e che sollecita anche noi ad immaginare un nuovo modo di essere giusti che non è solamente osservanza alla lettera della Legge che talvolta ci adagia nella non voglia di rischiare.
Suor Benedetta della Croce (Edith Stein) scriveva: “Giuseppe era piombato nel sonno come nella morte, devastato dalla decisione che aveva appena preso: tenebra dell’assoluta fiducia in Dio, abbandono del giusto che chiude gli occhi, non per dimenticare, ma per fare spazio al Totalmente Altro. Il falegname dormiva come un albero sventrato dalla folgore con il cuore sovraccarico di sofferenza. Spogliato di tutto era ormai pronto per l’inaudito dopo che la terra delle sue radici si era crepata scoprendo che la sua fidanzata era gravida di un segreto fatto di carne e di sangue. Da giorni ormai, un uragano scuoteva le su certezze, attizzando quel fuoco che gli consumava le budella… ed ecco che sentì di essere avvolto da una brezza leggera, accarezzato da un battito d’ali…”
Non temere (Mt 1, 20), Giuseppe si “fida” di un sogno, si “affida” alla parola di un angelo e vive con coraggio e fatica la fedeltà a Dio. Nei Vangeli nessuna parola viene proferita da Giuseppe, ma la sua muta presenza esprime in modo eloquente l’abbandono al progetto di Dio.
Davanti alla scelta tra il proprio onore e quello di Maria a cui è legato affettivamente, sceglie di stare dalla parte del più debole, con un amore forte e sincero, tanto da trasformare tutto il suo eros, che senza annullare il proprio desiderio, si traduce in “puro desiderio” di bene superando la mentalità vigente del giudaismo; i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie (Is 55, 8). Dal silenzioso “si” di Giuseppe, come da arido bastone fiorisce la nuova umanità che fa della volontà di Dio, unico criterio di vita.