XI Domenica del Tempo Ordinario 

 

granello di senape

L'invito di questa domenica è di puntare il nostro sguardo sull'azione gratuita di Dio che come afferma il profeta Ezechiele: pianta e assicura la riuscita del raccolto anche per un albero secco. È Lui ad assicurarlo: "Io, il Signore ho parlato e lo farò ".

Questo tema attraversa le letture odierne, compreso il salmo responsoriale che canta con gioia la fedeltà di Dio. Il Signore, nel suo amore fedele, è il primo a seminare in noi il germe della verità e della grazia, come prega la colletta, in modo che la nostra vita fiorisca, cresca e porti frutto secondo l'azione del suo amore per noi.

Il nostro stupore è che germoglia anche l'albero secco e " cresce e diventa più grande tutte le piante dell'orto" anche il granello di senape, dal quale apparentemente per noi non si ricaverebbe un granché. Tutto ciò per comunicarci, fuori metafora, una consolante e magnifica realtà: il regno di Dio non si realizza perché ci siamo noi a portar avanti, quasi la sua riuscita dipendesse tutto dalle nostre forze ma è Dio a condurlo.

È Lui che ci dona la capacità di crescere nell'amore e nella giustizia. Allora potremmo essere "sempre pieni di fiducia," come afferma S. Paolo, perché ci sappiamo custodi da un Padre che ci precede con il dono del suo amore, veglia su di noi e desidera che coltiviamo questo rapporto con Lui nella certa speranza di raccogliere il frutto: vivere secondo la misura di Cristo suo Figlio, nostro Signore e fratello, ossia una vita di amore senza... misura!

SS. Corpo e Sangue di Cristo

 

eucaristia

L'origine della festa del Corpus Domini, tipica dell'Occidente latino, va fatta risalire al secolo XII, periodo in cui si riaffermò una certa devozione eucaristica, che valorizzava in modo particolare la presenza reale di Cristo nel sacramento e quindi la sua adorazione.

In verità il mistero eucaristico e per "mistero" non s'intende tanto una realtà inaccessibile alla comprensione umana, ma un'esperienza di cui siamo resi partecipi e che costituisce il nucleo vitale della Chiesa, il centro propulsore del suo agire, perché manifesta la presenza del Vivente.

La liturgia della Parola è tutta incentrata sul tema dell'alleanza. Il testo evangelico ci riporta la versione marciana dell'ultima cena di Gesù, racconto vivamente impresso nel ricordo dei discepoli, perché costituì un punto cardine della celebrazione della comunità primitiva. Tale pasto si distingue da tutti gli altri precedenti perché Gesù si pone sulla mensa come cibo e bevanda per i suoi discepoli. La prova emerge dall'elemento innovativo espresso dalle parole inserite da Gesù sul pane e sul vino tali da sconvolgere totalmente l'ordine normale delle cose e della cena stessa. I discepoli sono invitati a mangiare e a bere, cioè a partecipare alla morte sacrificale di Gesù.

Nell'AT, la conclusione dell'alleanza comportava normalmente l'immolazione di una vittima, il cui sangue diventava il "sangue dell'alleanza": la prima lettura ci presenta per l'appunto l'alleanza suggellata da Mosè al Sinai cospargendo l'altare e il popolo (Israele) con il sangue di una medesima vittima per significare l'unione che Dio assicurava al suo popolo. Il contesto cronologico della Pasqua insieme a tutti gli altri elementi ci conducono ad interpretare teologicamente l'imminente passione di Gesù, per cui mentre Egli "scompare" offrendosi ai suoi come un atto deliberato d'amore, garantisce la sua presenza e permanenza nei suoi e con i suoi anche dopo la sua morte.

 

Santissima Trinità

 

Santissima Trinità

La liturgia odierna si concentra nell'invito rivolto al credente di aprirsi per consegnare le parole di Cristo e far discepole tutte le nazioni, immergendole "nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo''.

Sulle labbra di Gesù Risorto viene posta la formula battesimale, ad indicare che il discepolo, che si lascia abitare dalla Parola di Gesù, viene iniziato alla conoscenza intima del Dio Uno e Trino. Non esiste confessione di fede che non sia radicata in un'autentica esperienza di incontro e non esiste osservanza se non animati da un'alleanza. E' quello che ci ricorda la prima lettura: l'adempimento dei comandamenti di Dio non procede da un imperativo morale, ma è il frutto di un ascolto amante intessuto dentro una relazione preveniente e gratuita da parte di Dio. Non si arriva a Dio per via speculativa, ma dentro una storia di salvezza, accogliendo l'iniziativa di Dio, alla stregua del popolo d'Israele che è invitato a rileggere l'intervento di Dio nella propria storia, prendendo coscienza della propria appartenenza all'Onnipotente

In Gesù Cristo, poi, è stata compiuta la possibilità di rivelare in ogni tempo e in ogni luogo il vero Volto di Dio, la presenza viva ed operante del Dio-con-noi. Egli stesso proclama alla fine del testo evangelico: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". Inoltre, in quanto figli di Dio, la costante presenza di Dio si rivela ancora più intima di quanto noi lo siamo a noi stessi: infatti grazie alla presenza dello Spirito Santo siamo resi degni di rivolgerci a Dio Padre con la stessa intimità del Figlio (seconda lettura).

Celebrare la festa della Trinità, proprio a compimento dei dono di Pentecoste, significa continuare a riconoscere nell'ordinarietà del tempo e della storia umana l'azione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo come azione di salvezza, azione di rivelazione del loro amore e della loro volontà di rendercene partecipi.

 

Domenica di Pentecoste

 

Domenica di pentecoste 2015

II mistero celebrato oggi è il fondamento della nostra esperienza di Chiesa. IL termine "Pentecoste" sta ad indicare i cinquanta giorni che sono intercorsi dalla Resurrezione di Cristo alla manifestazione vivente dello Spirito sui discepoli riuniti nel Cenacolo. In realtà questa "cinquantina" non è stato un tempo di transizione per arrivare ad una nuova festa, ma costituisce un unico tempo tutto festivo, perché ciò che la Pasqua ha realizzato è ormai attuale. Inoltre, possiamo vedere nelle otto domeniche che si succedono fino a Pentecoste "la volontà di esprimere l'ultimo giorno", l'ottavo giorno, oramai inaugurato in terra dalla Pasqua del Signore.

L'insieme delle letture scelte nel ciclo B focalizza alcuni aspetti di questo mistero. Nella consueta prima lettura tratta dagli Atti, l'immagine caratteristica delle fiamme di fuoco che si posano distintamente sul capo degli apostoli è preludio alla trasformazione dei discepoli ed espressione della prima trasmissione del mistero cristiano. Quel battesimo di fuoco rappresenta la condivisione di un dono così assoluto da far ardere il cuore degli apostoli rendendoli testimoni di Cristo fino ai confini della terra.

Non si tratta solamente di un dinamismo "ad extra', ma anche un dinamismo di evangelizzazione che investe innanzitutto la nostra vita interiore e che ci permette di sperimentare in noi stessi innanzitutto il frutto dello Spirito (seconda lettura). Le parole di Gesù raccolte nel testo evangelico ci avvertono dell'assoluta centralità dello Spinto Santo nella testimonianza da rendere al Signore Gesù. Non si tratta di ricevere nuove dottrine dall'azione dello Spirito, ma di essere accesi in una memoria viva e condotti ad un'intelligenza più profonda del mistero di Gesù.

Lo Spirito dischiude nuove profondità atta rivelazione già avvenuta ed offre la perfetta attualità della Parola in ogni momento della storia. In tal modo si realizza la "contemporaneità" fra Cristo Risorto e i discepoli suoi testimoni in ogni tempo.

 

Ascensione del Signore

 

Ascensione del Signore

La Solennità odierna chiude le apparizioni pasquali e da l'avvio alla missione apostolica. Il mistero dell'Ascensione, che oggi si celebra, è presentato nella prima lettura attraverso il resoconto lucano del primo capitolo degli Atti: Gesù Risorto, dopo essere rimasto in mezzo ai suoi apostoli per 40 giorni "istruendoli sul regno", viene elevato in cielo. L'intervento di due personaggi assicura che Egli tornerà nello stesso modo con cui è stato sottratto alla loro vista da una nube. Ora devono ancora rimanere a Gerusalemme per attendere il battesimo dello Spirito Santo.

Il brano evangelico è una raccolta di detti annessa a posteriori al testo marciano. In esso sono sintetizzate le ultime disposizioni che il Signore Gesù ha offerto agli Undici prima della sua ascesa al Cielo. Gli apostoli ricevono l'ordine di andare ad annunciare il Vangelo ad ogni creatura. L'annuncio metterà in luce la fede che conduce al battesimo e che genera potenzialità inusitate a favore dei fratelli.

Nella pericope un particolare è rilevante: vien detto infatti che Gesù non solo ascende al Cielo, ma siede alla destra del Padre, ad indicare l'atteggiamento di Colui al quale è stato dato ogni potere in cielo e in terra per ottenerci la salvezza. A questo punto non c'è nessuna esitazione da parte degli Undici: alla sottrazione percettiva della fisicità di Gesù gli apostoli scoprono un'interiorizzazione del rapporto con Lui, al punto da essere sospinti da una forza dinamica a testimoniare il regno di Dio attraverso la propria vita.

La seconda lettura va oltre nella comprensione del mistero dell'Ascensione del Signore: per Paolo essa è il segno dello stato del Cristo glorioso a seguito della sua obbedienza al Padre fino alla morte di croce. La sua ascesa al Cielo non è solamente una promessa incoraggiante, ma una realtà già operante in noi. Il Battesimo è già la nostra ascensione al Cielo, in quanto conseguenza del nostro essere morti e risorti col Cristo.